La Storia della pianta di Ulivo

Storia
La pianta è originaria dell’Asia minore:
i Greci la diffusero nell’ Ellade e di qui passò in tutto il bacino del Mediterraneo, che costituisce appunto la più antica ed importante zona di diffusione dell’ulivo. I primissimi frantoi, rinvenuti sia in Siria che in Palestina, risalgono intorno al 5000 A.C. La coltura dell’ulivo si è prima estesa alle isole greche, soprattutto a Rodi, Cipro e Creta, da qui l’olio veniva esportato in Egitto, dove si utilizzava per l’alimentazione e la cosmesi.
L' ampliamento delle aree coltivate ad olivi è prepotente in tutta la penisola greca. La produzione olearia greca, assieme a quella fenicia, invade il Mediterraneo. L’olio era una delle merci più richieste nei traffici commerciali mediterranei dei Greci, dal Mar Nero all’Africa alla Spagna, con gli etruschi, i fenici e i barbari.
L’epoca antica di maggiore espansione dell’ulivo è quella legata all’Impero Romano: l’olivicoltura era una delle branche più sviluppate dell’agricoltura; la produzione, il commercio e il consumo dell’olio d’oliva vive un significativo incremento. In epoca imperiale l’olio ormai abbondava, aveva un prezzo accettabile, i popoli conquistati pagavano tributi sotto forma di olio, spesso veniva distribuito gratuitamente come il pane ai meno abbienti.
Nel III sec. il progressivo abbandono delle campagne alla cura degli schiavi, e le continue elargizioni degli imperatori, svuotarono le riserve di olio italico. La caduta dell’impero romano e le invasioni barbariche interruppero i contatti commerciali, facendo decadere l’olio da pianta sacra a specie rustica poco significativa.
Durante l’alto medioevo la distruzione delle campagne portò anche all’impoverimento degli oliveti.
Soltanto dopo l’anno Mille l’ulivo è tornato ad essere, grazie soprattutto agli ordini religiosi, una coltura diffusa e importante. Gli uliveti aumentarono in tutta la Penisola, soprattutto in Toscana, dove la borghesia commerciale scoprì nella produzione e nel commercio dell’olio una fonte importante di guadagno.
Mentre si impiantavano nuovi oliveti in Italia, Genova e Venezia iniziarono a commerciare per mare il nobile condimento. Per approvvigionarsi i liguri incoraggiarono la coltura dell’ulivo in patria, in Provenza e perfino in Spagna.
Lo stesso faranno i veneziani, impiantando oliveti in Puglia, in Dalmazia e in tutte le isole del Mediterraneo.
A partire dalla fine del Medio Evo i Paesi affacciati sul Mediterraneo erano coperti di oliveti e il commercio oleario raggiunse nuovamente l’importanza dei traffici antichi.
A metà del XVI secolo un vicerè spagnolo fece costruire strade per collegare Napoli alla Puglia, alla Calabria e agli Abruzzi allo scopo di agevolare l’afflusso dell’olio.
Durante il XVII secolo, però, i guadagni sull’olio per il nostro Paese diminuirono, a causa della dominazione spagnola che impose esose tasse su questo prodotto. è con l’avvento dell’Illuminismo che si dette più spazio all’agricoltura, anche olivicola. Si abolirono le onerose tasse imposte dagli spagnoli sull’olio, permettendo all’olivicoltura e alla produzione olearia di crescere. Questo permise ai Paesi del Mediterraneo di commerciare questo prodotto con tutto il Nord Europa. Da quel momento l’olivicoltura italiana ha continuato a crescere in quantità e in qualità. Sono cambiati i sistemi d’impianto e di potatura. Sono stati reimpiantati gli oliveti poco produttivi, e la meccanizzazione della raccolta in alcune zone è ormai una realtà.
L’introduzione di nuove tecniche di spremitura, insieme al generalizzato anticipo dell’epoca della raccolta hanno reso possibile un notevole miglioramento della qualità di produzione. Oggi l’ulivo è diffuso in gran parte delle regioni italiane e in tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo.